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I Miei Libri

Il domatore di arcobaleni

Data di pubblicazione 31 gennaio 2023

In questi dieci racconti di vita vissuta, realtà difficoltose, situazioni problematiche e circostanze disagevoli, la magia riveste un ruolo determinante nel cambiare il corso degli eventi. È come un raggio di luce bianca che s’insinua in un prisma di vetro e si rifrange a colori.
È l’iridescenza che si manifesta dentro bolle di sapone illuminate.
È il bacio improvviso che stravolge un rapporto d’amicizia.
La piega inaspettata che assumono gli eventi è un arcobaleno che appare, ambiziosa follia, nel cielo perturbato di ciascuna storia.

RECENSIONI

Stefania (da Amazon.it)

Recensito in Italia il 24 febbraio 2023

Libro scritto con maestria: stile ricercato ma non pesante, storie dove il noir si alterna alla poesia e i personaggi sono descritti senza veli, nelle loro sfaccettature più intime. Raramente si incontra un autore di così raro spessore, in grado di catturare l’attenzione del lettore che si ritrova catapultato in dimensioni surreali, in bilico tra sogni fantastici e scene spaventose.

Stefania Piras (da Amazon.it)

Recensito in Italia il 27 febbraio 2023

Questo libro contiene dieci racconti, diversi per ambientazione e argomento, ma tutti costruiti magistralmente, tanto che ciascuno di loro potrebbe essere un ottimo spunto per un romanzo. Dirò prima di tutto che mi hanno intrigato e conquistato. Le storie raccontate hanno il sapore della vita vissuta, ma contengono tutte l’elemento magico, e il fascino di un thriller. Non sai mai come va a finire, una storia scritta da Gianluca Piattelli, lo stupore è sempre in agguato. Se mi si chiedesse che racconto preferisco non saprei rispondere. So solo che, dal primo all’ultimo, sono stati una piacevole sorpresa. Bravissimo, veramente bravissimo! 👏👏👏👏👏

Francesca Autieri (dal sito www.scritturaviva.it)

Recensito in Italia il 19 aprile 2023

L’autore ci regala dieci originali racconti, uno più bello dell’altro; e anche questa volta non si smentisce quanto a fantasia e abilità scrittoria. La sua penna è ricca, avvincente e invitante. Sembra proprio esserci un piano sospeso nel quale l’autore si trova comodo a immaginare e inventare le sue storie. È quel piano dimenticato della possibilità che gli eventi, anche e soprattutto i più tristi, possano prendere un’altra piega e avere un lieto fine. È quella luce che improvvisamente s’insinua per portare senso e speranza a quelle realtà che ormai sembrano non destare più alcun clamore, perché sono all’ordine del giorno, e generano impotenza e rassegnazione. È il caso per esempio del racconto Magnabatelu che ripropone il tema dei migranti nel Mediterraneo e che ha come protagonisti una giovane donna africana, Nilaja, e suo figlio Essien, i quali si salvano dalla furia di un “mostro” marino e dalla crudeltà di uomini senza scrupoli e coscienza.
Gianluca Piattelli non ci sta al grigiore dell’assuefazione, ad accettare situazioni perché è così che deve andare, a rimanere impassibile di fronte alle brutture che rappresentano il cancro della nostra società, e riscrive le storie colorandole di magia che non è quella della lampada di Aladino bensì quella della buona provvidenza, della mano benefica, della giustizia, termine del quale nella realtà dei fatti quotidiani è purtroppo rimasto solo il nome. Nelle sue storie c’è sempre chi va controcorrente, chi pensa con la propria testa e fa andare avanti il cuore. Può essere un protagonista un po’ fuori dalle righe, un “ritardato” mentale come ad esempio viene definito Pepè, l’eroe del racconto Mangnabatelu che vede il buono, il bello e la magia nelle persone, al contrario di chi baratta la libertà e la vita umana con il denaro; un artista come il violinista che incontra una bambina sordomuta, come nel racconto Echi dal sottomondo che tratta degli “ultimi”, i cosiddetti invisibili della nostra società costretti a chiedere l’elemosina ed esposti alle angherie di prepotenti; uno Spirito che ritorna dall’aldilà per comunicare qualcosa, come nel racconto Il dito di Dio, nel quale sono il valore dell’amicizia e il significato del ricordo a lenire la separazione dei corpi; una riflessione sulla vita circense nel racconto grottesco Il circo di Brina, le cui scene descritte, nonostante la loro assurdità, riescono a rendersi coerenti al lettore in quei meandri dei sentimenti che rappresentano il vero senso dell’esistere.

E tutto prende forma e si materializza come vividi sogni che per quanto strani raccontano quei risvolti di riscatto e di rinascita che tutti avremmo voluto vedere accadere. Dove la realtà è cruda, sorda, maligna e spietata Gianluca Piattelli dunque apre il suo bagaglio a mano, intinge il pennello sulla tavolozza delle idee e come un pittore dipinge il suo arcobaleno che ha quell’antico e confortante significato della promessa e della rinascita del buono. Sì, perché le storie dell’autore parlano proprio di rinascita che è possibile laddove si torni a guardare con la luce del cuore, con gli occhi limpidi dei bambini che non conoscono ancora il male, vedono il bello e hanno solo buoni propositi. Uno stile narrativo deciso e sicuro caratterizza la scrittura di Gianluca Piattelli. Ogni racconto è ben definito, il che non è mai scontato quando si devono rendere al lettore personali quanto unici contenuti immaginativi. E l’autore ci riesce alla perfezione, sì da rendere la copia fedele del suo mondo fantastico. Le pagine scorrono fluide e i racconti si animano davanti agli occhi del lettore. Come in tutti i fantasy c’è la lotta del bene per sconfiggere il male ma c’è anche un assaggio di giallo, come nel racconto La mano assassina, che tratta del serio problema della depressione, nel quale alla fine gli eventi sconvolgono bruscamente le aspettative. Ed è anche la capacità di spiazzare chi legge che caratterizza l’abilità di questo bravo e carismatico scrittore. Gianluca Piattelli ci delizia con delle storie per tutti: per chi desidera trascorrere qualche ora lasciandosi accarezzare dalla fervida fantasia dell’autore, ma anche per chi avesse voglia di togliere quei paraocchi che impediscono di vedere il marcio e il putridume della nostra società, e di riflettere su ciò che ci rende realmente umani. Realtà, fantasia, magia e quell’alone misterioso sono gli ingredienti che rendono Il domatore di arcobaleni un’opera riuscita e convincente.

Giuliano Mollea (su facebook)

Recensito in Italia il 10 febbraio 2024

Ricordo ancora abbastanza chiaramente le impressioni iniziali quando vidi Gianluca per le prime volte, ciò che mi ispirava a pelle, di primo acchito, ai tempi del suo ingresso nel gruppo, ormai qualche annetto fa. E niente, pensai da subito che fosse il classico bravo ragazzo, di bell’aspetto, garbato nei modi, a modino ecco, come credo si dica dalle sue parti, oltre che una persona fondamentalmente buona, dolce ed estremamente sensibile. In effetti ciò che trapelava allora prosegue ancora adesso inducendomi a formulare un idea piuttosto precisa. Taglio corto, ordinato, a sovrastare la tipica fronte spaziosa, occhialetto d’ordinanza a protezione di iridescenze liquide, celesti come il cielo terso insieme alle morbide curvature labiali disegnano, su un viso acqua e sapone, accenni di un placido sorriso, bonario, incline forse a una certa timidezza, tendente più alla moderazione che alla spavalderia, alla sobrietà più che all’ostentazione.

Tutto sommato la classica espressione da cuor contento, il ritratto della serenità, di chi è conscio di sé, dei propri mezzi, dell’equilibrio di limiti e potenzialità con cui occupa uno spazio nel mondo. Un posto che conosce bene, che abita con onestà e grazia, passione, impegno e umiltà. Genio senza sregolatezza immerso in una pacifica connessione verso l’esterno di sé, un innata predisposizione a fissare su pagina ciò che gli suscita l’espressione, la magnificenza del creato. Rapporto a corrente alterna di cura, scambio e ricezione, ricerca, convivialità e buone vibrazioni con ciò che lo circonda e, soprattutto, senza alcuna volontà né la minima intenzione di nuocere o anche solo contrastare niente e nessuno, mai. Correggetemi pure se sbaglio, la sua è una condotta davvero esemplare, su tutta la linea, in bella mostra sotto gli occhi di tutti e anche questo gli fa senz’altro onore. Per farla breve le mie impressioni sono state ampiamente confermate, e con gli interessi per ciò che mi riguarda, alimentando man mano un qualcosa che assomiglia a un amicizia autentica, reale oltre che sul web, in rete.

A ogni modo, accantonando un attimo il virtuale, post, foto, interventi vari, emoji e algoritmi a parte, eccomi di nuovo qua, con estremo e rinnovato piacere nell’analisi personale di un altro eccellente autore kuntiano. Già, perché se da una parte sono evidenti e comprovate le qualità e le parti in mostra, il lato esteriore in pratica, probabilmente non lo sono altrettanto quelle interiori, vale a dire connotati e caratteristiche, peculiarità tecniche con cui approccia l’arte della parola scritta.

Chiaro che il mio giudizio, per quel che vale poi, si basa essenzialmente sull’esame del libro ricevuto in dono con tanto di dedica da lui stesso, qualche tempo fa, realmente una pubblicazione grandiosa devo dire. Comunque sia mi sento di confermare, con una certa cognizione di causa, che si tratta indubbiamente di un vero e proprio talento naturale per la scrittura, uno che sa trasmettere emozioni forti e intense, in possesso di formidabili doti da storyteller di razza, garantito. In effetti non sono l’unico a pensarla così, al di là di testimonianze e conferme online mi pare di aver afferrato che sia cosa risaputa in giro, per lo meno in certi ambienti culturali, in ambiti dove comunque sono  determinanti promozione sul territorio e pubblicità, passaparola, firmacopie e così via. In ogni caso l’autore pistoiese ha qualcosa come otto o nove  pubblicazioni all’attivo, mi pare, è in trattativa per ulteriori uscite e all’opera per progetti futuri. Ha inoltre partecipato a numerosi eventi e concorsi letterari riuscendone a vincerne diversi, ricevendo unanime apprezzamento e consensi, attestati di stima e merito, riconoscimenti vari un po’ ovunque, beh non proprio un signor nessuno in definitiva.

Nello specifico Il Domatore Di Arcobaleni è una raccolta di dieci splendidi racconti, la mia è del 2023, per la collana Gli Aedi, distribuito da PlaceBook Publishing. Un librone massiccio e consistente, brossura lucida che riempie bene le mani, composto da pagine belle spesse, curato da un ottima grafica, caratteri armoniosi, corposi e rotondi che non stancano né sforzano troppo la vista, variante del font Garamond credo, con un leggero effetto serif di pregevole eleganza, formale e scorrevolissimo. Titoli in grassetto, alti in intestazione accompagnati da brevi incipit d’introduzione, di una o poche righe ciascuno: detti proverbiali, aforismi di autori o artisti vari. In copertina fa bella mostra di sé un coloratissimo usignolo, su sfondo semi-acquerellato che scurisce ai bordi. Il simpatico volatile è al centro di uno dei racconti, una divertente commedia degli equivoci costruita sull’escalation di un gioco di parole, tra altre e varie vicissitudini. Un uomo invita a casa sua una procace ragazzona, avvinta da morbosa curiosità e propositi lussuriosi, conseguenti all’entusiasmante desiderio dell’altro, intenzionato a mostrarle ciò di cui và particolarmente fiero, orgoglioso… il suo uccello.

Come sottolineato da Ammaniti – parafrasando Lansdale nei risvolti iniziali – il romanzo è una storia d’amore, il racconto la passione di una notte. Ora, non so quante ne abbia impiegate Gianluca alla stesura di questi piccoli capolavori d’ingegno e creatività, assai funzionali, appassionati quanto appassionanti esercizi di uno stile fluido e sfavillante, di certo sono ben congegnati, coerenti e di grande compattezza d’insieme nella forma breve. Tuttavia, ritengo che potenzialmente, sviluppati in estensione, potrebbero tutti essere trasformati in altrettanti romanzi. Quella di Gianluca è una scrittura veemente e rigogliosa, una cifra stilistica di grande autorevolezza, potente e delicata, dolce e terribile insieme. Utilizza un  linguaggio poliedrico, struggente e feroce, sottile e tagliente come una lama, getta uno sguardo preciso e acuminato sulla stridente realtà dell’oggigiorno, su distorsioni e iperboli di un quotidiano spesso discutibile svelandone gli aspetti più corrotti e degradanti. Un linguaggio profondo il suo, che è universale radiografia della collettività, processo  all’insostenibile leggerezza dell’essere umano, troppo umano, che scardina di volta in volta meccanismi e itinerari, eccessi e dilemmi, le pieghe più recondite dell’animale-uomo mettendo a nudo tic, malesseri e manie, nevrosi, contraddizioni più o meno evidenti di questi tempi incerti e sconvolgenti, spesso indecenti, agonizzanti.

Più avanti un altro episodio è invece dedicato all’amico Bruno, caro amico di vecchia data, tristemente scomparso in seguito a una brutta malattia, toccante storia intrisa di oscure atmosfere kafkiane. Un uomo si sveglia e avverte da subito qualcosa d’indefinito nel torpore mattutino, come una presenza, rarefatta e inconsistente, l’invisibile riverbero di una voce, un sussurro che riesce pian piano ad aprirsi un varco, diventando familiare. Inizia così un dialogo con un compagno fraterno, defunto da tempo, in cui rievocano un passato comune che fa ancora parte di loro, a conferma che ciò che è prezioso e solido, reale, autentico per certi versi tale rimane, indissolubile ed eterno, più forte del tempo, della morte, di qualsiasi distanza. Affinando i sensi attraverso l’evoluzione dei millenni anche Calimero e Carolina percepiscono il sentore di chi non c’è mai stato. Di colui che non esiste. Ma è.

Va pur detto che è senza dubbio un naturalista, amante degli animali, lo si evince per altro dal simbiotico rapporto coi suoi inseparabili, fedeli amici a quattro zampe, insostituibili compagni di vita, sempre accanto, spalmati addosso, nelle vicinanze. Non per niente è una lettura che mantiene costantemente attivi i cinque sensi, in maniera sincopata, comparativa, con empatia e introspezione, disinvoltura e il candore che gli sono propri compone un autentico, vibrante mosaico multiforme, archivio emozionale che è insieme esperienza immersiva, tattile e sensoriale.

A ogni modo, al di là di implicazioni personali, non esiste un vero e proprio filo conduttore, sono storie di vita vissuta che racchiudono talvolta un epicentro circostanziale di realtà problematiche o disfunzionali, difficoltà o disagio, frangenti dolorosi, situazioni spesso precarie, traumatiche, marginali, bilanciate però da un sottofondo di speranza e ottimismo, fiduciosa resilienza, dalla volontà di reagire, di non lasciarsi andare, di scorgere la luce alla fine del tunnel, di trovare dentro di sé l’energia, l’insopprimibile forza vitale che non sappiamo neanche di avere fino a quando si rende necessaria per forza di cose.

Storie di donne e uomini di buona volontà, di ogni età e condizione, di fragilità e resistenza, di ricerca della felicità, di un amore possibile o di un posticino confortevole, traiettorie di destini imponderabili. Di come il caso e il caos siano in combutta per governare il mondo e di come tutto quello che credevamo di sapere di noi stessi e degli altri possa cambiare improvvisamente, in un secondo. Storie essenzialmente accomunate da forti connotati Fantasy, magari non proprio nel senso stretto del termine ma di certo modellate da amalgama immaginifica in cui convivono il mondo reale e creazione fantastica, il sogno e la realtà, concreto e artificiale, logica e illusione, raziocinio e subliminale. Non è di fatto semplice assegnare una qualche collocazione più o meno specifica a raccolte o antologie, per loro stessa definizione soggette a ovvie, intrinseche esigenze di variabilità, commistioni contestuali, di generi, stilemi, registri e così via.

C’è poi questa diffusa convinzione – nonostante la generalizzata propensione verso l’ibrido, l’omologazione – che i libri debbano per forza avere regole e strutture, essere opportunamente classificati, definiti, catalogati eccetera. Poi ecco che arriva Il Domatore Di Arcobaleni a cambiare le carte in tavola, a farti capire che le regole le fa lui e sono sempre diverse come i giochi dei bambini, a farti capire che regole e strutture possono essere interrotte da un momento all’altro da un anarchica improvvisazione. Arriva il Domatore che nasconde etichette e generi e le definizioni capace che le inventa e allora capisci che la fantasia non è un filtro, o una lente deformante attraverso cui guardare la realtà in modo aumentato ma molto spesso È la realtà, quella che ci capita nostro malgrado, che ci colpisce tra capo e collo, quella che ci catapulta nudi e indifesi contro uno specchio, lasciandoci perturbati e scossi. Il Domatore è un abile prestigiatore che di generi e classificazioni se ne infischia proprio, anzi ci gioca da par suo, gettandoli in un contenitore e sparandoli in aria regalandoci una pioggia di coriandoli: dramma, commedia, politica, weird, grottesco, distopico, thriller, gotico, mistery, fantasy, sociale… perché sceglierne uno quando ci sono tutti – o quasi – a disposizione?

Naturalmente c’è anche spazio per il sociale, l’approfondimento, Magnabatelu – in apertura del libro – fra i racconti più riusciti, è quello che mi ha colpito maggiormente e forse ho apprezzato di più. Tra noir d’inchiesta e crime, spazia tra questioni tragiche di scottante attualità, una drammatica vicenda sull’immigrazione clandestina focalizzata sulle tribolazioni di una donna e il giovane figlio. Pervasa da solidarietà umana, senso d’immedesimazione, tatto e delicatezza, assai significativa su dinamiche e situazionismo esistenziale cui moltitudini di disperati, consegnandosi nelle mani di trafficanti senza scrupoli cercano migliori condizioni di vita.

È comunque umanità allo sbaraglio, spaventa, diverte, ammalia, sconcerta, respinge, scandalizza, attrae, fa soffrire, fa arrabbiare, fa innamorare, fa riflettere; pagine nel complesso disarmanti e imprevedibili, incalzanti, commoventi. Pagine che srotolano di volta in volta quell’incredibile viaggio, senza cinture di sicurezza, che intercorre tra la vita e la morte con tutto ciò che sta nel mezzo. Il bene, il male, le lacrime e i sorrisi, avventurose connessioni intermedie scandite dal tempo, pagine in cui confluiscono paradossi e metafore, scienza e arte, farsa carnevalesca, poesia, musica, teatro, il circo, il luna park, il mare d’inverno… e, a beneficio d’inventario in (dis)ordine sparso, i Lakers e i Clippers, una Harley Davidson e un campo da football, il morbo di Parkinson e un ragno di dieci chili, Pecos Bill, l’Adagio di Albinoni e i Sex Pistols, i Dieci Comandamenti, Harry Potter e Il Campo di Grano di Van Gogh, King Kong e Godzilla, Piccadilly Circus, il Glen Grant e la Quinta di Beethoven, Tex Willer e Donald Duck e molto, molto altro ancora.

L’autore è notoriamente un appassionato del grande Stephen King, modello d’ispirazione di una claustrofobica, inquietante novella, Lo Scarafaggio Volante, tra revenge thriller e mistery. Un variegato gruppo di persone rimangono intrappolate all’interno di una cabinovia, durante il viaggio inaugurale del Flying Beatle, strano marchingegno che pare dotato di vita propria, crudelmente intenzionato a impadronirsi di quelle dei malcapitati passeggeri, sospesi sul precipizio, costretti a lottare per la sopravvivenza.

Il lavaggio del cervello scandisce invece le avverse traversie di un adolescente come tanti, in un originale psicodramma, dando vita a una tesissima cronistoria epistolare. Dapprima rapito e in seguito costretto ad arruolarsi, Il Mio Diario raccoglie le coercitive fasi d’indottrinamento di un giovane, spinto da una brutale cellula di fanatici estremisti a sacrificarsi, vittima e carnefice, in una guerra senza senso, subdola e sanguinaria, seminando morte e distruzione in nome di una pseudo religione travestita da ideologia folle, maledetta e sciagurata.

Un altro giovanotto chiude col passato, molla tutto per unirsi a una bizzarra compagnia itinerante dopo aver perso la testa e il senno per la bellissima, avvenente figlia del boss, pazzo furioso, capoccia di quello stravagante circo dell’orrore. Il cosiddetto male oscuro, angoscioso e opprimente, che ti attanaglia da dentro divorando l’anima e i pensieri è la triste condizione che schiavizza una ragazza qualunque. Caduta in depressione, un brutto giorno scivola e cade dal balcone di casa, sfracellandosi al suolo. Un gioco finito in tragedia? Suicidio? Incidente? È stata spinta o altro ancora? Tanti i quesiti e le domande senza risposta dietro l’insano gesto ma, forse, la colpa è della Mano Assassina.

Una frazione di campagna è lo scenario in cui prende forma l’incontro-scontro fra realtà inconciliabili; la millenaria etica contadina di gente mite e operosa e la destabilizzante invasione di estranei prepotenti. Storia di abusivismo edilizio, ingiustizia e sopraffazione, soprusi perpetrati in nome dell’arrogante, bieco potere del dio denaro.

C’è poi Severino, povero vecchietto dimenticato, stanco di botte e maltrattamenti gratuiti che in un impeto disperato di ribellione tenta la fuga dall’obsoleta casa di riposo, che dovrebbe in teoria garantirgli cura e serenità, fatiscente struttura in cui è rinchiuso da tempo dalla profetica denominazione: Nuovi Orizzonti. Presenza preponderante delle narrazioni sono i bambini, i ragazzi, o gli anziani, i due estremi, giovane e vecchio che si incontrano, implicita testimonianza del diventare grandi; percorso non programmabile e incontrovertibile, costante, di crescita, cambiamento, trasformazione. Le Stagioni Diverse di un po’ di tutti, pellegrinaggio continuo, perenne rinvenimento di un punto di equilibrio tra chi eravamo e chi saremo, per capire chi siamo, scoprire cosa diventeremo.

Percependo e respirando il miracolo dell’esistenza, dalla partenza all’arrivo, sfogliando le apparenti contraddizioni, le sensazioni – spesso divergenti ma in verità complementari – che si provano nelle varie metamorfosi della vita, sentimenti e risorse, attitudini e connotati, qualità, vizi e virtù che si evolvono e si smussato col passare degli anni. La lingua suggestiva e vibrante, caparbia, fine  e strepitosamente ricca del Piattelli riesce a creare una sintesi che riscopre la bellezza, il valore di quel patrimonio, di quell’innato senso artigianale del lavoro letterario, sostenuta da una particolare firma stilistica, pop nella forma, analitica nei contenuti, in cui vari componenti molto diversi fra loro non sono contrapposti ma cooperano fondendosi gli uni con gli altri, senza per altro cadere negli stereotipi o in un eccesso di sperimentalismo. Tutto questo, è chiaro, puoi farlo solo quando hai un talento enorme, grande come il cuore che metti in tutti i tuoi personaggi, pulsante come la vita che affluisce da ogni pagina, irrefrenabile come le storie che scorrono tumultuose, quasi volessero schizzare fuori dalla carta. Un modus operandi il suo che mi ricorda molto l’estro di Calvino, mixato alla verve di Benni, di Pennac, le intuizioni del Rodari, e poi certi racconti di Peter Cameron, il minimalismo di Carver, King ovvio, e un po’ Edgar Allan Poe, certi passaggi somigliano a quelli delle storie Altamente Esplosive (10 pure quelle) e delle Notizie Dalle Tenebre lansdaliane.

Echi Dal Sottomondo – dal titolo altisonante che potrebbe ricordare gli antieroi di Dostoevskij – ha invece tutt’altro contesto e ambientazione. Sorprendente pezzo di bravura con un finale assai azzeccato, degna conclusione della serie, fra treni e gallerie, anfratti e stazioni del “Tubo”, come viene chiamata in gergo la metropolitana londinese. Immenso, alienante formicaio multietnico, luogo di transizione per eccellenza, crocevia angusto e labirintico in cui si incrociano le vicissitudini di tre ragazzi diversi e in apparenza incompatibili.

Ebbene, in conclusione ciò che esce dalla penna di Gianluca è una specie di elogio alla quotidianità, opera sublime, viatico dolceamaro di simbolismi,  esperienze e peripezie tragicomiche che vuole essere un invito allo stupore per la normalità, a osservare, a scorgere, assaporare. Un invito ad apprezzare l’ordinario, a dare un valore all’ovvio, a cambiare il punto di vista sull’abituale per trovare inattesi stimoli ed allenare così anche la capacità di stupirsi, di sorprendersi davanti alle piccole cose, quelle minuscole, le inezie che racchiudono in sé lo stesso orizzonte infinito di quelle immense, o irraggiungibili, come l’arcobaleno.

Pagine che possono preparare l’occhio a vedere in modo diverso, a captare quello che gli altri non notano, a fotografare con la mente dettagli e frammenti che il più delle volte sfuggono. Pagine che scatenano la fantasia, in cui ognuno può eventualmente ritrovarsi, inventare la propria storia, riconoscersi nell’altro, può dare nomi e connotati a personaggi appena abbozzati, può liberare la creatività e riempire di nuovi significati i vuoti lasciati in bianco o evocati dal non detto, dove nulla sembra straordinario ma tutto può diventarlo, basta volerlo, basta cercare. Perché l’incanto e l’essenza sono in ogni dove, fuori e dentro di noi, basta saperli trovare facendo propria la grammatica della meraviglia.

Andrea (da Amazon.it)

Recensito in Italia il 16 febbraio 2024

Raccolta di 10 racconti di vari argomenti, tutti interessanti, nel complesso molto equilibrata. Anche quando i temi sono cupi o drammatici, il linguaggio è sempre ricco e lo stile scorrevole. L’autore e’ bravo a mantenere l’attenzione del lettore costantemente alta. Autore con la narrazione nel sangue. Ancora poco conosciuto, ma sicuramente degno di nota.

RACCONTI CONTENUTI NELLA RACCOLTA

Magnabatelu: ha per protagonisti una madre con il suo bambino e due pescatori e tratta il tema dei migranti nel Mediterraneo.
-Il dito di Dio: è quella a cui sono più legato perché mi riguarda in prima persona, ed è l’incontro inatteso con lo spirito del mio migliore amico.
La stanza dell’usignolo: ambientata in Sardegna, parla del proprietario di una grossa azienda e della sua strana passione per un volatile.
La mano assassina: è una sorta di giallo, in cui cerco di far luce su quella malattia invisibile che prende il nome di depressione.
Il collare di Bricco: la vita pacifica di una coppia di vecchietti e dei loro cani viene messa a repentaglio dai vicini di casa.
Il circo di Brina: ambientata a Viareggio, è un omaggio alla vita circense.
Lo scarafaggio volante: per un pugno di strambi personaggi americani una traversata in funivia si trasforma in un incubo.
Nuovi orizzonti: il tempo della terza età può sempre riservare delle sorprese, specie se un anziano ricoverato in RSA decide di fare di testa sua.
Il mio diario: un bambino inizia a scrivere quotidianamente il suo diario personale, ma un rapimento gli cambierà la vita.
Echi dal sottomondo: dedicato agli invisibili che chiedono la carità nella metropolitana, parla dell’incontro di una bimba sordomuta con un violinista.